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Non era particolarmente bella ,,, MA ...



Non era particolarmente bella. O meglio non aveva quelle caratteristiche che fanno voltare i ragazzi per la strada. Ma conoscendola meglio si scoprivano aspetti che sfuggivano ad un primo approccio.
Ad esempio la bocca grande e sproporzionata sprigionava una certa sensualità nei momenti di broncio, come anche il fondo schiena pronunciato attirava occhiate indiscrete per quel modo malizioso di ondeggiarlo. Ma forse era il suo sguardo innocente e arrendevole che smuoveva qualcosa nei maschi. Aveva scoperto il sesso alcuni anni prima. Ma ci fu un episodio a 13 anni inaspettato e fugace che la segnò profondamente. Sebbene i suoi rapporti sessuali non si discostavano più di tanto dalla norma aveva per così dire un debole: prenderlo in bocca. Di certo non è un debole così poco frequente tanto da sottolinearlo, ma in lei si manifestava in una forma quanto mai personale per non dire unica. E si manifestò proprio all'età di 13 anni. Ma vediamo cosa successe.
Fu la punizione di una professoressa miope e prossima alla pensione a relegarla all'ultimo banco vicino a Giorgio, un ripetente più grande di lei al quale non aveva mai dedicato attenzione per la sua timidezza e i suoi modi impacciati. Sedendosi non poté fare a meno di notare in lui imbarazzo. Con la coda dell'occhio ne capì il motivo. Aveva la mano destra premuta sui pantaloni della tuta nel tentativo di nascondere un rigonfio che non lasciava nulla all'immaginazione. Sarebbe stata una vicenda buffa da raccontare alle sue amiche se non fosse stato per quel tuffo al cuore. All'improvviso si allontanò la voce della professoressa che stava interrogando la sua compagna di banco. L'attenzione era concentrata su ciò che vedeva con la coda dell'occhio e dall'intenso calore nell'interno cosce che stringeva forte quasi nella speranza di sentire un corpo estraneo, un oggetto, una presenza sulla quale sfregarsi. Inebetita spostò la sua mano lentamente poggiandola vicino a quella di lui. La spostò e si immobilizzò con un certo tremore su quel rigonfio. Con la vista offuscata e i battiti del cuore che le facevano mancare il respiro cercava di rimanere immobile malgrado quelle contrazione che arrivavano dal suo interno cosce bagnato.



La penna che rotolò fu sua complice. Sì abbassò per raccoglierla e in quel momento fu più forte di lei… tirò a sé l'elastico della tuta e lo prese in bocca. Fu tutt'uno prenderlo in bocca e sentire un getto liquido e caldo che gliela riempiva. Era stato un attimo. Si risollevò stravolta ingoiando il suo sperma. Le rimase impresso lo sbigottimento che lesse nel volto tutto rosso di Giorgio. Non lo guardò più per tutta la lezione. Imbarazzo e sensi di colpa la perseguitarono per mesi e sembrò finire tutto quando si trasferì in un altro istituto. Se Giorgio sbiadì nella sua memoria non fu altrettanto per l'episodio. Tornava regolarmente nell'intimità delle lenzuola o nel bagno e allora quando non riusciva a tenere a bada la smania (e accadeva il più delle volte) infilava le sue dita dentro le mutandine.

Negli anni successivi le avventure erotiche ebbero un impatto più superficiale. Non riusciva a liberarsi dalla vergogna, e la sua bocca non si avventurò più al di sotto del torace di un uomo. Anche nell'ultimo rapporto con il suo ragazzo mentre lo stava masturbando nella cabina di uno stabilimento rifiutò di prenderglielo in bocca malgrado le sue suppliche. Insomma si irrigidiva e spariva la sua eccitazione ogniqualvolta le mani di un uomo cercavano di spingere la sua testa in basso. Si abbandonava solo quando non sentiva questa costrizione e specialmente al buio. Una volta raggiunse diversi orgasmi mentre la lingua di un ragazzo vagava in mezzo alle sue gambe. Non fu tanto quel contatto a procuraglieli, quanto le sue fantasie. Immaginava, mentre la lingua si apriva un varco dentro di lei, di sbottonare il suo professore e infilargli le mani dentro i pantaloni. Sentiva il calore, le pulsazioni, la durezza del suo membro. Lo faceva uscir fuori con delicatezza per metterlo nella bocca e farlo entrare fin giù che poteva. Si soffermava sui particolari. Le labbra che lentamente passavano su e giù per tutta la lunghezza del pene, le sue mani che accompagnavano quel movimento masturbandolo leggermente. La bocca che lo racchiudeva all'improvviso violata dal getto caldo dello sperma.

Diversi anni dopo, non capì perché, cambiò qualcosa in lei. Un giorno di fine settembre si stava riparando da un violento acquazzone sotto un porticato vicino all'università. Un clacson insistente le fece riconoscere dentro una golf Marco, il ragazzo di una sua amica di corso. Approfittò con piacere del passaggio offerto e si infilò bagnata come un pulcino dentro l'auto. La gonna bianca era zuppa e il tessuto leggero lasciava intravedere degli slip di un rosa confetto con dei disegni che non si capiva bene cosa rappresentassero potevano essere farfalle, fiori o cuori. Dalla gonna poi usciva fuori un elastico di merletto un po’ lento che lasciava pensare che una mano, una bocca o un membro sarebbero stati accolti con ospitalità. Quella trasparenza e quell’elastico erano stati notati da Marco che aveva distolto lo sguardo non appena si era incrociato con quello di lei. Il dialogo stentò. Parlavano di argomenti superficiali che si interrompevano di continuo. Quando lo sguardo di Marco si concentrava sulla guida lei cercava furtivamente di distanziare la gonna dalla pelle e asciugarla più in fretta. Le sue intenzioni di coprirsi ebbero però un effetto contrario. Notò un impercettibile movimento proprio sotto la cintura dei jeans di Marco. Guardò fuori dal finestrino commentando con voce incerta la pioggia che aveva aumentato di intensità. Non ci fu verso dopo qualche istante i suoi occhi vennero calamitati di nuovo dai jeans e cominciò a bagnarsi. Aveva visto qualcosa che l'aveva fatta eccitare improvvisamente. Il leggero avvallamento si era trasformato. Ora sembrava che i jeans facessero fatica a contenere un oggetto enorme che di traverso si spingeva fin quasi la cintura.

In quel momento le sembrò di ritornare ai suoi 13 anni e non resistette. Marco trasalì e iniziò a tremare quando lei allungò la mano e fece scendere con un leggero movimento la lampo dei suoi pantaloni. Continuò a guidare con gli occhi sbarrati e insieme intorpiditi mentre lei si avvicinava chinandosi tra le sue gambe. Non dovette neanche sollevare l'elastico degli slip. Il suo cazzo era già uscito fuori con prepotenza. Era caldo, duro e pulsava tra le mani come se stesse per scoppiare. Faceva fatica a tirarlo fuori e dovette slacciare la cintura. Finalmente uscì fuori e la sua eccitazione aumentò quando si rese conto della sua grandezza. Le labbra sfiorarono il prepuzio bagnato da una goccia prematura di sperma. Il tremore di Marco si era accentuato. Alternava momenti di immobilità a scatti improvvisi del suo bacino per infilarglielo nella bocca. Per la violenta eccitazione allungò la sua mano e tirò su la sua gonna fino ad arrivare alle sue mutande bagnate. Quando intrufolò con avidità le dita in mezzo ai suoi peli bagnati lei ebbe un sussulto e senti le contrazioni dell'orgasmo arrivare. Proprio in quel momento afferrò il suo cazzo per succhiarlo, ma non fece in tempo. Si indurì ancora di più e uno schizzo di sperma raggiunse una guancia. Il secondo riuscì a sentirlo nella lingua. Un terzo lo sentì fin dentro la gola. Continuava a masturbarlo e a succhiarglielo. Sembrava come non finissero più le sue contrazioni e quel venirgli in bocca.

Lei continuava a ciucciarglielo come fosse stato l’unico membro adeguato alla sua bocca enorme che, durante la pompa, si era fatta ancora più carnosa e turgida. Con la bocca così gonfia alzò la testa e lo guardò con occhi limpidi e imbarazzati; lui era ancora tramortito dal godimento, ma la vista di quello sguardo lo eccitò di nuovo e allora (neanche ci pensò un attimo) le spinse la testa ancora verso il basso e le intimò: “Rifammelo”. Questa volta lei non si rifiutò, anzi aveva voglia di rifarlo nonostante fosse stato una specie di comando e nonostante fosse pieno giorno… forse era stato il rumore sordo della pioggia ad averle annebbiato la testa. Di nuovo si piegò verso l’asta che si alzava nell’aria, lo inumidì con la lingua sulla quale aveva fatto scivolare una certa quantità di saliva ed iniziò a leccarlo dall’alto in basso, a baciarlo sulla cima della cappella e a succhiarlo profondamente. Era strano… Questa volta la voglia di prenderlo in bocca le era cresciuta con l’idea della costrizione. Capì allora che poteva desiderare in tanti modi e giocare molti ruoli.



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